La paura di chiamare le persone con il loro nome.

E' un disagio psicologico poco studiato e non ben definito, la cui definizione era stata proposta nel 2019 dalla psicologa Lisa Welleschik.
Nelle interazioni quotidiane tra persone che più si conoscono, in alcuni casi anche molto bene, possono essere ravvisate molte ragioni per cui usare i nomi di persona degli altri ingenerano imbarazzo, disagio, pessimismo, ansia, paura.
E' stato pubblicato recentemente un articolo sulla rivista scientifica " Journal of Anxiety Disorders" nel quale un gruppo di psicologi dell'università Sigmund Freud di Vienna ha definito questa condizione "ALESSINOMIA" che viene a significare, letteralmente, l'essere privi di parole per i nomi (dal greco: "a"= mancanza; "lexis"= parola; "anyma 2=nome).
Le persone che dicono di soffrire fanno fatica ad usare nomi delle persone anche a loro più cari (amici, familiari), pur volendo farlo, e ciò in ogni tipo di relazione e comunicazione con loro!
Gli studiosi sono arrivati ad ipotizzare che l'alessinomia, può essere annoverato quale sintomo importante dell'ansia sociale: un disturbo caratterizzato dalla tendenza ad evitare situazioni in cui ci si può sentire osservati e giudicati.
Nelle ricerche per uno studio del 2023 il gruppo di psicologi dell'università Sigmund Freud di Vienna aveva rivelato:
come alcune persone affette da questo disturbo provavano disagio da sempre, fin da bambini, pur avendone presa coscienza molto, molto dopo;
che molte persone - se non tutte le intervistate - percepivano in generale una condizione negativa, che ingenerava imbarazzo, insicurezza, senso di bizzarria e di diversità rispetto al "resto del mondo".
Non è chiaro quale sia la causa o le cause dell'alessinomia che di solito emerge durante l'infanzia o l'adolescenza.
Gli psicologi che se ne stanno occupando ipotizzano che tra i possibili fattori alla base del disagio ci siano esperienze infantili difficili o problematiche, tra cui aver subito atti di bullismo a scuola, o traumi e violenze in famiglia.
Alcune persone non riescono a usare i nomi di persona dimostrando in generale una difficoltà a regolare e ad esprimere le proprie emozioni.
C'è chi non usa i nomi propri perché lo considera un modo troppo intimo e irrispettoso di rivolgersi ad un'altra persona, sopratutto se trattasi di persona ritenuta di uno status più elevato.
Al contrario c'è chi non riesce a chiamare per nome persone pensando che ciò sia troppo formale e crei una distanza indesiderata in intime interazioni.
Sul punto occorre pensare alla funzione sociale dei nomi nelle società occidentali, per quanto non definibile in termini assoluti: per esempio non si usa il nome proprio con persone che si considerano gerarchicamente superiori a noi, oppure si preferiscono parole che esprimono la relazione (mamma, zio) o soprannomi affettivi; a volte non si usano i nomi propri in interazioni che li farebbero sentire impersonali; usare nomi può avere implicazioni diverse a seconda delle circostanze e di chi sta parlando: si pensi per esempio ad un genitore che si rivolge al figlio pronunciando il nome per esteso, con ciò evidenziando la probabilità che lo faccia per una lavata di capo; ripetere un nome troppe volte può far sembrare la conversazione innaturale e artefatta.
Può essere che le persone affette da questo disturbo abbia l' intuizione istintiva, in sé corretta, che usare un nome significhi prendere posizione, fare qualcosa che non intendiamo. può darsi che preferiscono non usare nomi nel dubbio che l'interlocutore possa fraintendere interpretando come segnali di vicinanza ovvero di ostilità.
Può trattarsi di disturbo fastidioso che mina le ralazioni sociali anche intime, certamente da attenzionare.
Il Counselor psicobiologico può essere un sicuro sostegno per cambiare il disagio in nuovo approccio sicuro verso le persone che circondano chi soffre di tale disturbo.
dr. Enrichetta Proverbio
Counselor psicobiologico
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