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“Straining“: l'azione di molestia diversa dal “mobbing”


Straining

LA “RAGION PER CUI” NEL PERCORSO DI COUNSELING.

Il lavoratore messo sotto pressione dal datore di lavoro

E’ ormai notoria l’accezione del “mobbing” ravvisabile nella condotta del datore di lavoro, di un superiore gerarchico o di colleghi, tenuta nei confronti di un lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si esplicita con comportamenti a carattere persecutorio e vessatorio, intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, che si traducono in maltrattamenti, offese, aggressioni, umiliazioni, intimidazioni, mortificazioni del lavoratore, tali da cagionare a questo ultimo un danno alla salute psico-fisica.


Il c.d. “straining”, invece, concretizza una condotta vessatoria caratterizzata da una azione molesta unica, isolata, che tende a far cadere la vittima in una situazione di stress forzato, i cui effetti negativi sono duraturi nell’ambiente lavorativo.

E’ evidente che nello “straining” non vi è la “continuità” delle azioni vessatorie tipica del mobbing.


Il termine straining deriva dall’inglese “to strain”, e letteralmente può essere tradotto con il significato di “tendere”, “mettere sotto pressione”, “stringere”. Il termine è stato coniato dal Dottor Harald Ege, studioso della Psicologia del lavoro, il quale, durante numerosi colloqui con vittime di soprusi e violenze psicologiche sul luogo di lavoro, si rese conto che si trattava di soggetti che erano stati sottoposti a trattamenti ingiusti e discriminanti, privi però della caratteristica della continuità e ripetitività.


Studiò tale fenomeno, per definire questo diverso tipo di molestie, cercando così di evitare che i soggetti coinvolti, ritenendo di essere oggetto di mobbing, rimanessero, invece, privi di tutela giuridica per la mancanza oggettiva di una frequenza idonea di azioni ostili attive, ritenute necessarie per poter accedere alla tutela prevista per il mobbing.


Tipici esempi di “straining” sono stati identificati nel demansionamento, nella dequalificazione, nell’isolamento, nella privazione degli strumenti di lavoro, nella costrizione all’inattività, nella marginalizzazione dall’attività lavorativa, nell’esclusione dal flusso di informazione: trattasi di comportamenti che se subiti da un lavoratore per un lungo periodo di tempo, inevitabilmente determinano sofferenza a livello di autostima, socialità e qualità della vita e ciò in quanto ingenerano una condizione psicologica di stress, certamente superiore rispetto al semplice “stress occupazionale”, connaturato alla natura stessa del lavoro, tale da indurre la vittima a compiere atti sfavorevoli e/o contrari ai propri interessi.


Sono stati individuati “sette parametri” per riconoscere una situazione di straining (così Harald Ege, Oltre il Mobbing. Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, ed. Franco Angeli, Milano, 2005):

  • La situazione di conflitto deve svolgersi sul luogo di lavoro

  • Le conseguenze della azione ostile devono essere costanti

  • La situazione di conflitto deve durare almeno 6 mesi

  • Le azioni subite devono consistere in almeno una delle seguenti: attacchi ai contatti umani, isolamento sistematico, demansionamento o privazione di qualunque incarico, attacchi contro la reputazione della persona, violenza o minacce di violenza, sia fisica che sessuale

  • La vittima dello straining si deve trovare in una situazione di costante inferiorità

  • La vicenda ha raggiunto almeno la II fase del Modello individuato da Ege (Fase 1: azione ostile; Fase 2: conseguenza lavorativa percepita come permanente; Fase 3: conseguenze psicofisiche; Fase 4: uscita dal lavoro)

  • Deve sussistere un intento persecutorio.

Il fenomeno dello straining è stato considerato e recepito dalla Giurisprudenza italiana quale: “Il cd. mobbing ……. si distingue dal cd. straining che è costituto da una situazione di stress forzato sul posto di lavoro, in cui la vittima subisce almeno un’azione che ha come conseguenza un effetto negativo nell’ambiente lavorativo, azione che oltre a essere stressante, è caratterizzata anche da una durata costante. La vittima è rispetto alla persona che attua lo straining in persistente inferiorità. Pertanto, mentre il mobbing si caratterizza per una serie di condotte ostili e frequenti nel tempo, per lo straining è sufficiente una singola azione con effetti duraturi nel tempo (come nel caso del demansionamento)”.


Lo straining, come il mobbing, certamente causa nella vittima un danno esistenziale specifico, legato al peggioramento e decadimento della sua qualità di vita, a cui possono – ove sussistenti e provati – aggiungersi anche un danno biologico (laddove lo straining abbia causalmente compromesso la salute psicofisica della vittima), e un danno professionale (ad es. legato alla perdita di chance, al mancato aggiornamento, differenze retributive).

Il lavoratore vittima di straining potrà senz’altro accedere al Giudice del Lavoro a tutela dei propri diritti lesi.


Sul piano personale il lavoratore vessato oppure il datore di lavoro animato da spirito vessatorio potrà trarre giovamento e sicuro sostegno rivolgendosi al Counselor psicobiologico: nel dialogo che si costruisce intorno all’analisi dello stile di vita del cliente, e successivamente delle modalità e delle strategie con cui questo stile di vita può essere modificato in senso adattivo, il Counselor chiederà sempre al cliente quali siano le sue intenzioni , suoi scopi, i suoi desideri realistici, e ciò prima di chiedergli il perché del suo comportamento e delle sue aspettative.


Straining

In questo modo il Counselor psicobiologico farà emergere la “ragion per cui” e cioè il vero motivo per cui la persona ha deciso di vivere la vita che conduce o ha deciso di dare una svolta alla stessa.


Ricordando come gran parte del nostro comportamento è determinato da motivazioni inconsce, il Counselor psicobiologico indagherà col cliente su quali possano essere eventuali altre cause del suo comportamento non prese in considerazione o prese in considerazione e scartate: da qui è possibile che emergano motivazioni parzialmente, ovvero totalmente, diverse da quelle immaginate. Il tutto procedendo efficacemente nella relazione psicobiologica d’aiuto nel contesto del programma di cambiamento dello stile di vita.


Dr. Enrichetta Proverbio Counselor psicobiologico
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