“L’individuo che respira poco non brilla di vita, anzi è freddo, fiacco, poco vitale, manca di calore ed energia: la sua circolazione è direttamente influenzata dalla mancanza di ossigeno.” Alexander Lowen
Respirare è una delle funzioni che si danno maggiormente per scontate, alle quali molto raramente si dedica attenzione.
Eppure, la respirazione è di fondamentale importanza ed è necessario approfondire il suo utilizzo ottimale, attitudine a cui non siamo abituati, spesso trascurata dalla maggior parte dei medici e terapeuti.
Quando il respiro è instabile, tutto è instabile; quando il respiro è fermo, tutto è fermo.
Chi più, chi meno, abbiamo tutti sperimentato quella sensazione di respiro bloccato, incompleto o forzato.
Una cattiva respirazione, e anche questo è ormai un concetto di comune dominio, riduce la vitalità e cagiona direttamente diverse problematiche sia fisiche (ad esempio digestive o posturali, in particolare a livello cervicale e/o lombare) sia psichiche (sensazione di disagio, stanchezza mentale, stress sino a depressione ed esaurimento).
Non a caso sono di uso comune espressioni come “un sospiro di sollievo”, "mozzare il fiato", "col fiato sospeso", "avere il fiato corto" ecc.
È facile constatare come il respiro e le emozioni siano in stretta relazione.
È però piuttosto semplice acquisire consapevolezza del cambiamento che le emozioni, soprattutto quelle più potenti, causano immediatamente nella respirazione, mentre è impervio percorrere senza un’adeguata guida il percorso inverso, ovvero prendere coscienza del fatto che sentimenti, emozioni e sensazioni possono essere modificati dalla tipologia di respirazione.
Il diaframma
Come il Counseling Psicobiologico si occupa del respiro
Nel Counseling Psicobiologico, indicare al cliente la modalità per acquisire consapevolezza del proprio respiro si rivela essenziale ed è uno dei primi strumenti di miglioramento del benessere psicofisico.
Si porterà innanzitutto l’attenzione sulla naturale modalità di respirazione del cliente e come questa lo caratterizzi, per passare all’importanza della respirazione diaframmatica. Questa è basata appunto sull’utilizzo del diaframma, che per quasi tutti è un muscolo ormai dormiente, da riattivare mediante apposite tecniche, per giungere ad una respirazione profonda. Così il diaframma si abbassa completamente per lasciar entrare l’aria nella zona inferiore dei polmoni.
Il respiro sarà sempre meno inconsapevole e sempre più volontario.
Ne risulteranno limitate, in modo graduale e naturale, la respirazione clavicolare e toracica in favore della progressione verso un graduale e armonico miglioramento psicofisico.
Dott.ssa Jasmine Lara Bettinelli Counselor Psicobiologico
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