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Le gratificazioni e la “fame” del cervello


"Il senso di fame è uno schermo di proiezione su cui si misura l’appetito di vivere." David Le Breton

Gratificazione fame Cervello

Perché gratificazioni diverse incidono sul cervello in modo diverso?

Ogni volta che riceviamo una gratificazione l’attività celebrale ha un picco. Ripetere l’esperienza che l’ha generata produce lo stesso picco fino a quando, da una prospettiva neurologica, il comportamento diventa un’abitudine.


Così facendo, man mano che l’abitudine si rafforza, il cervello anticipa il picco della gratificazione sino a farlo emergere già dal momento del segnale. Però, se poi la gratificazione non si verifica, ciò genera un’altra reazione nel cervello: la gioia diviene un bisogno che se non soddisfatto genera rabbia e insoddisfazione.


Quindi le abitudini creano bisogni neurologici, che emergono in modo graduale e senza renderci conto della loro influenza. Ogni volta che associamo i segnali al piacere, alle gratificazioni, nel nostro cervello emerge un bisogno inconscio che innesca il circolo dell’abitudine. Un semplicissimo esempio è quello della compulsività con cui si controllano i messaggi o in generale tutti i social network: si sta anticipando il piacere o sollievo procurato molto facilmente dalla momentanea distrazione o autogratificazione dei “like”.


Come si crea un’abitudine alimentare?

Non esiste una programmazione automatica alla creazione di nuovi bisogni.

Uno dei campi in cui più difficilmente riusciamo a gestire questi bisogni che sfuggono al nostro razionale controllo è proprio quello alimentare.


Molto semplicemente, ad esempio, quando vediamo un dolce, il cervello che ha imparato che trattasi di un segnale di approvvigionamento di zucchero e altri carboidrati, anticipa la sensazione confortante e rassicurante, “materna”, offerta dallo zucchero e, anche se non abbiamo fisiologicamente fame, ci spinge irrefrenabilmente verso l’alimento.

Ma se tentiamo di fermarci ecco il forte senso di delusione contro cui non è facile combattere. E’ però il cervello, non il nostro corpo, ad averne bisogno e, all’improvviso, non si riesce a combattere lo stimolo.



Il “centro” della fame nell’ipotalamo

Le strutture cerebrali e il rilascio di agenti neurochimici si modificano man mano che il bisogno diventa più radicato. Addirittura, certe abitudini particolarmente forti producono reazioni simili alle dipendenze, così il desiderio si trasforma in bisogno ossessivo. Il cervello entra in modalità pilota automatico e tutto il resto non conta - più ci si impone di fermarsi e più si ignora il “grillo parlante” che ci dice: “Stop! Non hai bisogno di mangiare altro”.

Mi piace citare in proposito una famosa scena dell’iconico film “The Matrix”, in cui il personaggio “traditore” Cypher per giustificare la ricompensa di mera gratificazione sensoriale richiesta afferma: “Vede, io so che questa bistecca non esiste. So che quando la infilerò in bocca Matrix suggerirà al mio cervello che è succosa e deliziosa.”

Bene, anche se non controllato da un programma, il nostro cervello mira proprio a quella gratificazione, indipendentemente da tutto il resto, che non conta più: diventiamo i Matrix di noi stessi e non ci importa quanto effimere siano queste gratificazioni o le conseguenze che tornati ad affrontare la realtà, una volta “riacceso” il cervello dovremo affrontare, soprattutto in termini di sensi di colpa.

Ma questa coercizione può essere superata: esistono meccanismi che possono aiutare ad ignorare le tentazioni. Inoltre, questo loop vale anche per le buone abitudini: il cervello non fa distinzioni.


Come vincere le abitudini sbagliate?


Per vincere l’abitudine dobbiamo riconoscere che il bisogno compulsivo influisce sul comportamento. Se non siamo consapevoli dell’anticipazione allora falliremo. A livello alimentare bisogna quindi combattere la routine con altra routine: introdurre una alimentazione alternativa e di fronte alle tentazioni concentrarsi sul bisogno di una gratificazione diversa.


Ad esempio, riuscire a innescare una routine fondata sul messaggio: “Ma quanto orgoglio ho provato stamane salendo sulla bilancia e vedendo il risultato? Ma che intensa soddisfazione è stata ricevere i complimenti per il cambiamento del mio aspetto?”.

Ciò significa creare un bisogno alternativo di quella specifica gratificazione che innesca il circolo di una nuova abitudine.


Ricordo l’esperienza riportata in un articolo comparso sulla stampa dedicata alle diete alimentari almeno una ventina d’anni fa, dove si parlava del successo raggiunto da una casalinga che da anni lottava contro la bilancia. Quando le avevano chiesto quale fosse stato secondo lei il motivo della perdita di peso finalmente conseguita, la stessa aveva risposto che riusciva a limitarsi agli alimenti prescritti assumendo alla fine del pasto una gomma da masticare e così anche se i suoi familiari continuavano a mangiare a fine pasto, tipicamente dessert, formaggi e dolci, lei riusciva a dire basta.


Ebbene ora possiamo individuare in quel segnale l’innesco di una routine che può quindi divenire una vera e propria abitudine (ingerisco una gomma da masticare - sto seguendo la dieta e sto avendo successo). L’assunzione del chewing gum segnalava questa gratificazione e quindi consentiva di resistere alla tentazione di mangiare ulteriormente. Ma questo è solo un esempio estremamente pratico e soggettivo: ognuno deve trovare la propria strada personalizzata.


Attraverso il Couseling Psicobiologico, grazie al confronto aperto, empatico, non giudicante, le abitudini verranno analizzate per far emergere la realtà che il più delle volte si nasconde dietro gli eccessi alimentari: trattasi di inconsapevoli routine che mascherano i veri appetiti e bisogni non affrontati. Si partirà dall’acquisizione di questa consapevolezza per individuare insieme il miglior percorso verso il cambiamento.


Dott.ssa Jasmine Lara Bettinelli Counselor Psicobiologico


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