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Ti senti vittima in ogni circostanza della vita quotidiana?

Pensi di essere affett* dalla c.d. “Sindrome di Calimero”?

Esci da questo tunnel ingiustificato con il Counseling Psicobiologico.

Sindrome Calimero

Ti senti sfortunato, ti lamenti in continuazione della tua vita e pensi che il mondo ce l'abbia con te? Questa situazione evoca un fumetto e un personaggio degli anni ‘60 (il pulcino Calimero) che piangeva sempre per la di lui sfortuna e diceva “…tutti ce l’hanno con me perché sono piccolo e nero...”.

Pensi quindi di essere vittima della c.d. “sindrome di Calimero”? In che cosa consiste questo spiacevole ed indebolente “sentire”? Che conseguenze derivano da questo “sentire”?


Ecco cos'è e come uscirne.

Anche se non conosci la “sindrome di Calimero, sappi che della schiera degli eterni malcontenti facciamo un po' tutti parte, sempre pronti, come siamo, a brontolare e lagnarci.


Come uscire dalla trappola della lamentela facile?

Occorre cambiare atteggiamento nei confronti di se stessi e della vita: trovare un modo per uscire dalla gabbia asfissiante della paura e del giudizio; proiettare il proprio sguardo verso il mondo ma affrontarlo in modo differente, trasformato rispetto a quanto fatto sino ad ora. In sostanza occorre osare, tornare (o diventare!) protagonisti della propria esistenza.


La “sindrome di Calimero” però ti ha indebolito al punto da non riuscire da solo/a ad uscire da questa attuale ottica e gabbia, e quindi è necessaria una conduzione empatica, a-giudicante che insegni come e quanto riflettere in modo diverso su sé stessi e sulla vita in generale, evocando i potenziali sopiti che esistono in ognuno di noi.


Non esiste un tempo limite, perché può accadere a qualsiasi età.

Il Counseling Psicobiologico insegna a combattere questo senso di inferiorità e di esclusione che immotivatamente ti colpisce ed affossa, e per l’effetto a riuscire ad uscire allo scoperto, anzi a mostrarsi allo scoperto.


Insomma con il Counseling Psicobiologico inizi il viaggio nel cambiamento per la liberazione da gabbie e vincoli asfissianti quali quelli in esame.


Che cos'è quel sentire che ti fa apparire così vicino anzi simile al piccolo pulcino Calimero?

La situazione in questione – che si ritiene non corretto chiamare “sindrome” perché letteralmente la sindrome in medicina concretizza un insieme di sintomi e segni clinici che costituiscono appunto le manifestazioni cliniche di una o diverse malattie, indipendentemente dalla eziologia che le contraddistingue - è caratterizzata da un forte senso di disagio e sfiducia. La tendenza a lamentarsi è rivolta contro se stessi: proprio come il pulcino che tutti ben ricordiamo, ci si sente vessati e incompresi, vittime della sfortuna.


Il vittimismo è profondamente e fortemente legato all'auto-svalutazione, a un processo di disistima e visione negativa di sé, le cui radici affondano in ciò che si è vissuto durante l'esistenza, l'educazione ricevuta e le esperienze di vita.


La catena di lamentele che affligge il “vittimista” si trasforma in un boomerang e determina la visione ed il sentire la energia altrui come una fonte di sofferenza per sé stessi: l’altro ha energia forte e con essa tu – vittima – vieni annientato, anche senza agito specifico.


In questa condizione il vittimista necessita di un autentico processo di trasformazione; per affrontare questo processo occorre acquisire la capacità di analizzare i propri buchi emotivi e mettersi in gioco per imparare un nuovo modo per guardare e vivere la realtà.


Per imparare questo nuovo modo di vivere e guardare la realtà il vittimista ha necessità di una guida competente che con test scientifici e con le domande appropriate suscita quel processo cerebrale che non può innescarsi naturalmente senza sostegno indicatore.

Il senso di impotenza


«È un'ingiustizia però!» esclamava il celebre pulcino inventato nel 1963 per il Carosello.

Secondo lo psicanalista S. Tomasella, autore del libro La sindrome di Calimero (Sperling & Kupfer, 2018), ciò che possiamo cogliere come prima ispirazione per il cambiamento è iniziare a chiederci il senso che diamo al termine "ingiustizia".


Che cosa vuole esprimere, a livello profondo, il nostro lamentarci?

Calimero evoca l'idea dell'abbandono, con il fagottino sempre sulle spalle, nonché col suo borbottio reiterato, che diventa recriminazione continua, evoca l’incapacità di vedere al di là di sé, del proprio caso specifico.



"L'erba del vicino è sempre più verde", recita un proverbio popolare, perché la vita degli altri appare semplice, ancora una volta più vincente rispetto alla nostra.

Succede perché, vista a distanza, dell'esistenza di chi ci vive accanto non appare che la superficie: il contenuto di difficoltà che appartiene all'altro è sempre eluso, sottovalutato; la parte brillante è l'unica ad emergere.


Il bambino dentro ognuno di noi, spiega Tomasella, non è ancora stato risarcito e consolato a causa delle delusioni vissute: riuscirà mai a esserlo un giorno? Ogni volta che ci abbandoniamo ai luoghi della memoria ci accorgiamo di quanto possa bruciare, anche a distanza di anni, una ferita che rimane sempre aperta.


Vedere e vivere un'ingiustizia, essere trattati senza il rispetto dei nostri diritti, scuote l'orgoglio e fa percepire, dolorosamente, un limite amaro. La rabbia si indirizza verso la vita stessa, e allora qualcosa dentro di noi si sgretola. Si radica la convinzione che in fondo “la vita è ingiusta con me”: ciò determina l’infilarsi nel buio di un vicolo cieco.


L'autostima crolla sotto una forte carica autodistruttiva

Emerge un lacerante senso di impotenza e la libertà di azione si scontra con la violenza del NO. “No, non è possibile, non per te”: un no che cresce, che sale da dentro e trova conferma negli eventi esterni, negli agiti.


Fare la vittima. Ti annoveri tra le “vittime”?

Allora hai questi atteggiamenti:

- Tendenza a fare paragoni con la vita e i risultati raggiunti dagli altri: la tua vita è sempre peggio, vero?

- Sensazione di non avere il controllo della propria esistenza: quante volte pronunci frasi come “Non posso farci niente”?

- La sfortuna si accanisce contro di te, sei sempre sfortunato: ti consideri così e parli con queste parole quando devi spiegare te stesso agli altri.

- “Sì, però… per me è diverso”: la nostra situazione è sempre un caso specifico, vero? La replica immediata, che utilizza il "ma" oppositivo, attiva immediatamente un blocco che nutri nel profondo.

- Dare le colpe al passato: rimanere con lo sguardo fisso verso ciò che è stato, rimanendo ancorato a quel punto invece di muoversi verso nuovi orizzonti.

Tutti questi sintomi determinano il vedere che gli altri hanno accesso a qualcosa che per noi è vietato.


Indubbio che ciò genera frustrazione che altro non è che un aspetto della rabbia, così come della tristezza: vivendo rabbia e tristezza si vive nel disagio, e quindi con la difficoltà nel potersi esprimere; ci si sente incompresi, sempre a prescindere da ragionamenti o eventi specifici. Si sa già – a prescindere – di non essere compresi.


Il Counseling Psicobiologico ti farà comprendere, vedere, toccare con mano che sotteso a queste convinzioni si cela un inganno.

E’ decisivo il pensiero che sia impossibile per noi e possibile per gli altri. In sostanza scoprirai – anzi, verrai portato a scoprire - che ti sei auto-imprigionato con convinzioni soffocanti che piano piano si sono trasformate in una barriera, in un muro troppo alto.


Vittimismo

Capitano tutte a me”.

“Gli altri sembrano sempre avere un pizzico di fortuna in più, sono io lo sfigato.

Sì, perché la vita altrui vista attraverso la lente della distanza è sempre più facile, o almeno così appare in lontananza.


In realtà quello del vittimismo è un approccio alla vita frustrante, perché si tratta di uno sguardo allenato a vedere unicamente la difficoltà. Le avversità si abbattono sulle nostre spalle, è vero, e noi non sappiamo darci una spiegazione, un perché.


Occorre imparare a guardare le cose in maniera diversa riscoprendo o scoprendo le nostre capacità sopite, la nostre resilienze, concentrando l'attenzione su che cosa siamo e diventiamo nel tempo, anziché sul singolo evento o il nostro confronto con gli altri.

Occorre un sostegno iniziale anche per capire il senso di tutto questo, e affinché siano bandite alcune frasi dai discorsi con te stesso e con gli altri del tipo: “Sono sempre sfortunato”, Finisce sempre così”, “Sempre io.


Queste convinzioni, ripetute costantemente, creano un pensiero in grado di innescare una spirale negativa. Ci si pensa più sfortunati per spiegare il successo altrui e così facendo, senza rendersene conto, si finisce per alimentare una tendenza al vittimismo.


Il Counseling Psicobiologico ha un approccio solo positivo al tema che viene sottoposto dal cliente ed ha come proprio primo principio ispiratore quello di far sì che vengano arginati e non alimentati i pensieri e le spirali di pensiero negativi.

Allenare la resilienza: il Counselor Psicobiologico accoglie non giudica e ascolta.


BASTA CON IL VITTIMISMO

Avere attenzione dall'altro significa essere ascoltati, compresi, amati: in una parola, accettati.

Calimero insieme allo zaino porta con sé la paura dell'essere respinto e il confuso dolore del sentirsi diverso.


Il Counselor Psicobiologico sa accogliere colui che si sente Calimero perché fa della empatia, del dialogo, dell’accoglienza, dell’ascolto agiudicante e della nuova progettualità di vita futura la propria bandiera, i propri capisaldi.


E ciò in quanto il Counselor Psicobiologico non prende in carico il problema della persona ma la persona complessivamente intesa per accompagnarla verso un cambiamento adattivo in veste tutta positiva, fresca, nuova, corroborante e ristoratrice.


Con l’aiuto del Counselor Psicobiologico si individuano le fragili fondamenta del nostro cuore insicuro e si smascherano le convinzioni evocando che dentro, ci sentiamo tutti insicuri.


Il bambino interiore che c’è in ogni essere umano trema, continuamente.

Occorre imparare ad essere capaci di allenare la propria resilienza cioè imparare a leggere gli eventi attraverso la lezione che essi, anche nella difficoltà, ci hanno permesso di imparare.


Come?

Ce lo ricorda il Carosello degli anno 60: Calimero non è nero… è sporco!

Quando osserviamo la nostra vita con la lente del vittimismo tutto si colora di nero.

Occorre cambiare ottica, visione, prospettiva.


Cambiare significa provare a indossare un paio di occhiali diversi, modificare il proprio sguardo e il modo in cui interpretiamo le cose che accadono.


E precisamente smettere di dare la colpa e iniziare a prendersi la responsabilità.

Il Counseling Psicobiologico è corroborante e ti aiuterà a imparare come guardare le cose sotto diverse prospettive – mai una sola – e quindi ad individuare il locus of control interno essenziale per l’assunzione delle responsabilità degli agiti personali.


Acquisite queste capacità, individuate queste responsabilità personali, non sarai più vittima del mondo esterno ma artefice della tua vita che ben potrà essere portatrice di benessere e positività.


Dott.ssa Enrichetta Proverbio Counserlor Psicobiologico
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